lunedì 21 maggio 2012

non bastano i terremoti


Avevo già in programma di scrivere nei prossimi giorni questo post. 
Sono in treno, torno da un servizio fotografico a Ischia e sto uscendo solo ora, piano piano, da una bolla di privilegiato isolamento dal mondo nella quale sono rimasto rintanato in questi tre giorni, cullato da gente, situazioni e luoghi meravigliosi. Incomincio solo ora a sapere qualcosa in più riguardo al terremoto di questa notte in Emilia; e in Emilia a Cento, provincia di Ferrara. Non so ancora esattamente cosa sia successo lì, non ho ancora visto un telegiornale, ne sentito un giornale radio. Ma è proprio d’una storia di Cento che volevo scrivere in questi giorni e approfitto delle ore di treno per farlo.


Ho scattato una fotografia per la campagna pubblicitaria Porada in un bar storico di Cento: il Caffé Italia. L’ho trovato e scelto come location dopo un lungo girovagare per tutta l’Emilia, in mezzo alla nebbia e il ghiaccio, quest’inverno. Poi ho proposto a Roberto, il proprietario, di realizzare lì questa fotografia; l’immagine di un luogo tipicamente italiano, nel quale ambientare gli arredi del mio cliente. Lui ha subito accettato e a febbraio siamo partiti con la produzione e realizzato l’immagine.


Il bar è davvero un pezzo di storia: aperto negli anni venti, è stato a lungo il più importante centro di intrattenimento della zona. C’era il bar, l’enorme sala bigliardi, il grande cortile con le bocce. Sopra, un teatrino di varietà. Più in alto ancora, una piccola pensione dove all’epoca dormivano, e non solo, le ballerine del teatro. All’interno, appesi ai lati delle vetrine, enormi pavoni imbalsamati. Nel bar ci hanno realizzato scene di sei film; ci ha girato Pupi Avati e ci hanno recitato, tra gli altri, Ugo Tognazzi, Paolo Villaggio, Philip Noiret;   io so quel poco che ricordo dei racconti di Roberto e quindi potrei essere impreciso e sicuramente incompleto.

Però, certo, un pezzo di storia da conservare gelosamente, continuando a farlo vivere come faceva Roberto.
Così sarebbe in qualsiasi paese civile. Così sarebbe in qualsiasi paese “furbo”.




Che c’entra questa storia con il terremoto di questa notte? Nulla. Anzi, come anticipato, so ancora poco di quanto successo. Probabilmente, in questo momento, i centesi avranno ben altri problemi da risolvere che questo. C’entra però con la distruzione della nostra storia e della nostra cultura che si opera ogni giorno dappertutto in Italia; non per colpa dei terremoti, o non solo. Piuttosto per l’arroganza, l’ignoranza, la superficialità; in fondo, e tutto sommato, per colpa di una visione miope della realtà e del futuro.



Il Caffé Italia ha chiuso a fine aprile. Roberto, dopo aver puntato i piedi e resistito a lungo, ha dovuto cedere e chiudere perché la proprietà dello stabile ( una banca ) ha deciso che quel pezzo di storia non valeva più la pena di essere tenuto in vita. Ristruttureranno l’immobile e al posto del Caffé Italia ci metteranno un franchising di mutande o un fast-food, o un negozio di telefonia, chissà.

Come spesso succede in Italia, con superficialità e scarsa lungimiranza, buttiamo nella pattumiera pezzi di cultura e di storia come se fossero carte di caramella. Abbiamo vissuto migliaia di anni grazie al valore della nostra cultura e ora non riusciamo più a considerare quanto questa potrebbe continuare a farci vivere se fossimo capaci di conservarla e alimentarla. Cioè: conservare le cose che hanno un valore non è una spesa o uno spreco; è un investimento.
Valorizzarle, come abbiamo cercato di fare in questi scatti Porada, è un investimento per il futuro, oltre che un dovere verso il passato.

Roberto


Comunque sia, il Caffé Italia non ci sarà più e resterà nella memoria e nel cuore soltanto di chi ci ha mangiato, bevuto, giocato, vissuto nel corso della sua storia. E nel mio che ne ha sfiorato fugacemente la vita, un attimo prima che finisse. Di questo sono onorato e contento.
Di tutto il resto no.




ADV Porada



3 commenti:

  1. Articolo stupendo Davide! Parole santissime!!!
    Maledetti noi, che quest'Italia la stiamo portando allo scatafascio! Se solo fossimo in grado di capire quanto è importante la cultura... quanto potrebbe continuare ad offrirci...
    Davvero un peccato!
    Ma stiamo diventando un popolo mediocre...
    Che tristezza!

    Resto ancorato alla speranza che, presto, riusciremo ad aprire bene gli occhi!
    Grazie per la condivisione del tuo pensiero.
    Ho apprezzato tanto le tue parole, come apprezzo sempre tanto i tuoi lavori.

    Francesco Agresti

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  2. Sono d'accordo con Frankie.
    E' davvero un peccato e uno spreco non capire la cultura, quello che di buono abbiamo qui nel nostro paese.
    La seguo da un po' anche se non ho mai commentato, mi piace molto il suo modo di vedere e di cogliere la fotografia.
    Saluti.

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  3. Se posso permettermi…………vorrei estrapolare una frase del tuo articolo ed esattamente questa:
    “ha dovuto cedere e chiudere perché la proprietà dello stabile ( una banca ),,,,,,,,,,”
    Viviamo in un paese che ci offre un falsa libertà,siamo come quegli animali che vivono negli zoo safari e i muri che ci impediscono di essere veramente liberi sono i poteri economici come le banche.
    La mia professione(sono meccanico manutentore e riparatore di macchine per lavorazione e trasformazione del legno) mi porta a contatto con realtà che molto hanno a che spartire con quella vissuta da Roberto e dal suo storico bar l’unica differenza è che,senza nulla togliere alla professionalità di Roberto,lui viene scippato di un bene immobile mentre ai nostri artigiani
    viene tolta la possibilità di continuare a realizzare delle vere e proprie opere d’arte che solo la sinergia dei maestri intagliatori,intarsiatori,tornitori del legno,lucidatori etc etc .possono realizzare.
    Visto che al peggio non c’è mai fine aggiungiamo a questo il fatto che questi nostri maestri artigiani
    cessando le loro attività non potranno trasmettere le loro conoscenze ai giovani,perdendo così per sempre un bagaglio culturale accumulato in decenni se non in centinaia di anni.
    Hai ragione tu Davide………….non bastano i terremoti
    Scusandomi per eventuali errori di ortografia o esposizione(ma sun dumà un mecanic minga un laureaa) ti ringrazio per avermi dato l’occasione di portare alla luce questa realtà della nostra zona
    Ciao
    Carlo Proserpio

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